L’acidità di stomaco è un problema molto frequente. A volte lo attribuiamo allo stress, altre volte alle cattive abitudini alimentari, oppure al troppo caffè.
In effetti il bruciore di stomaco (o pirosi gastrica) può essere un sintomo di cattiva digestione (quella che in gergo tecnico viene chiamata “dispepsia” e che può causare anche dolore allo stomaco) e sappiamo bene che, così come ciò che mangiamo, anche il nostro stato emotivo può influenzare il nostro benessere digestivo.
D’altra parte, a volte quel bruciore che avvertiamo è il sintomo di un problema diverso dalla dispepsia. Infatti quando il fastidio sale verso l’esofago, interessando la cosiddetta bocca dello stomaco, è probabile che quello con cui si ha a che fare sia il reflusso gastroesofageo.
In entrambi i casi, agire sull’alimentazione permette di combattere l’acidità e proteggere la mucosa gastrica e la parete dell’esofago dai danni che potrebbero subire nel lungo termine.
Le regole universalmente valide sono però poche: la soluzione dovrebbe essere personalizzata. Scopriamo insieme perché.
Prima di tutto, è importante chiarire che la produzione di acido da parte dello stomaco è un fenomeno del tutto naturale e del tutto inevitabile se si vuole digerire. Infatti è proprio questa secrezione acida il principale strumento che consente allo stomaco di partecipare ai processi digestivi, preparando il cibo per l’ulteriore digestione e l’assorbimento che si realizzano a livello dell’intestino.
Di tutto quello che ingeriamo, i liquidi lasciano lo stomaco piuttosto velocemente, mentre gli alimenti solidi rimangono al suo interno fino a che non vengono ridotti in dimensioni abbastanza piccole da poter passare nell’intestino.
Nel frattempo, le cellule parietali dello stomaco producono sostanze acide che attivano gli enzimi responsabili della digestione delle proteine. Per questo gli acidi gastrici sono uno strumento fondamentale per digerire.
In realtà la produzione di acidi gastrici inizia ancora prima che il cibo arrivi nello stomaco: bastano anche solo il sapore, l’odore, la vista o addirittura il pensiero del cibo per attivare le cellule parietali.
Quando, poi, gli alimenti passano nello stomaco, le sue pareti si distendono, inviando il segnale che ne aumenta la produzione.
Nel momento in cui il cibo passa nell’intestino il messaggio che arriva allo stomaco è contrario, e porta a una sostanziale riduzione della produzione di acidi.
Proprio perché non può farne a meno, lo stomaco ha bisogno di difendersi dall’acidità che si crea al suo interno. Per farlo produce del muco che va a depositarsi sulla sua parete, formando uno strato protettivo viscoso che rallenta l’avanzata dei succhi gastrici verso la parete dello stomaco.
Non solo, il muco contiene anche del bicarbonato, che per sua natura neutralizza gli acidi mantenendo pressoché costante il pH misurabile sulla superficie della mucosa gastrica, che quindi rimane protetta dall’acidità.
Fino a che questi meccanismi funzionano in modo regolare, non bisogna temere l’acidità gastrica. Tuttavia, la barriera di muco e bicarbonato può essere compromessa da fattori come le infezioni da Helicobacter pylori (il batterio che è spesso causa della gastrite e dell’ulcera); inoltre è possibile che vengano prodotti succhi gastrici in eccesso. In questi casi, l’acidità può farsi sentire a livello della mucosa, che può anche essere danneggiata dal contatto prolungato con gli acidi gastrici.
Diverso è il caso dell’esofago: infatti quest’organo non è progettato per entrare in contatto con i succhi gastrici; di conseguenza, non è dotato dei meccanismi di protezione naturali con cui si difende lo stomaco. L’unica arma posta a difesa dell’esofago è la valvola che lo separa dallo stomaco (il cardias), che in condizioni normali impedisce la risalita del contenuto dello stomaco verso la gola.
Può però capitare che questa valvola si rilassi. Lo sanno bene, per esempio, le donne incinte, che spesso oltre che con nausea e vomito hanno a che fare anche con il reflusso gastroesofageo. In questo caso la colpa è degli ormoni, che allentano il cardias permettendo al cibo di ripercorrere al contrario la strada che lo ha portato nello stomaco.
Anche altri fattori, per esempio la presenza di gas nello stomaco, possono favorire anche il reflusso oltre che gonfiore addominale e le eruttazioni. Il risultato è quella sensazione di bruciore retrosternale che in molti identificano proprio come acidità di stomaco.
Correggere le proprie abitudini alimentari è la prima mossa vincente per combattere l’acidità e il bruciore di stomaco. Mangiare a ore tarde, per esempio, aumenta la produzione di acidi gastrici; per questo sarebbe meglio evitarlo. Altre abitudini possono invece aiutare a evitare l’acidità di stomaco: in particolare, il consumo di fibre (presenti negli alimenti vegetali, come verdure, pasta integrale e legumi) è utile per limitare il reflusso. Si può iniziare già a colazione, con un po’ di crusca.
Per quanto riguarda i singoli alimenti, è bene procedere con cautela perché non esistono raccomandazioni universali, valide per tutti. C’è, per esempio, chi garantisce che il finocchio, le patate, il riso e lo zenzero siano imbattibili contro l’acidità gastrica. Ma non per tutti è così.
Oppure, accanto a chi raccomanda il latte, c’è chi mette in guardia dal consumo di tutti i latticini. E mentre qualcuno invita al consumo di frutta secca, altri la sconsigliano.
Piuttosto che concentrare l’attenzione sul consumo di singoli alimenti sarebbe quindi bene curare la qualità generale dell’alimentazione. In particolare, seguire i principi della dieta mediterranea (quindi arricchire la propria alimentazione di verdura, frutta, cereali integrali e grassi polinsaturi – come gli omega 3 del pesce) riduce l’incidenza del reflusso ed è efficace contro i suoi sintomi.
Alcuni alimenti sono comunemente ritenuti possibili cause scatenanti dei bruciori di stomaco: agrumi, pomodoro, cioccolato, menta, spezie, formaggi e carne rossa sono quelli più spesso accusati di contribuire all’acidità, e per questo vengono spesso consigliati a chi soffre di questo disturbo.
In realtà questo tipo di consigli dovrebbe essere personalizzato. Infatti le prove dell’esistenza di una reale associazione tra bruciori e consumo di questi alimenti non sono del tutto convincenti.
Nel caso del cioccolato, per esempio, se è vero che la combinazione di caffeina (che, ricordiamo, non è presente solo nel caffè ma anche nel tè e, appunto, nel cioccolato) e cacao induce il rilassamento del cardias e quindi può promuovere la comparsa di bruciore retrosternale dato dal reflusso gastroesofageo, nella pratica il consumo di quantità anche abbondanti di cioccolato spesso non è associato alla frequenza dei sintomi provocati dall’acidità di stomaco, come il bruciore.
La situazione è simile per la menta: solo in pochi casi il suo consumo è realmente associato a bruciore alla bocca dello stomaco.
Diverso è il caso dei cibi piccanti, che di fatto non sono stati associati a nessuno dei meccanismi fisiologici ritenuti responsabili dell’acidità di stomaco. Tuttavia, il peperoncino e altre spezie possono irritare la mucosa dell’esofago, scatenando, di fatto, una sensazione di bruciore.
Bisogna poi tenere conto che pasti abbondanti o troppo pesanti possono scatenare una produzione eccessiva di acidi gastrici. Da questo punto di vista i cibi che possono creare problemi sono soprattutto quelli ricchi di grassi e di carboidrati.
La loro associazione con l’acidità di stomaco non è stata ancora chiarita, ma alcune persone possono effettivamente trarre benefici dalla riduzione del consumo di alimenti molto grassi (come alcuni formaggi) e dall’utilizzo di metodi di cottura semplici.
Meglio, quindi, evitare sia fritti sia le pietanze cotte al forno con un eccesso di condimenti.
È opportuno inoltre limitare i carboidrati soprattutto quando l’acidità è associata al reflusso.
Meglio però evitare il fai-da-te: piuttosto che eliminare indiscriminatamente pasta, pane e simili è bene rivolgersi a un nutrizionista o a uno specialista in scienza dell’alimentazione che sappia elaborare un piano alimentare adeguato che non comporti rischi per la salute.
Per quanto riguarda le bevande, sono diverse quelle che, in linea teorica, potrebbero contribuire ai problemi di acidità di stomaco. Il loro effetto può però variare da persona a persona.
Fra quelle che potrebbero scatenare dei disturbi sono inclusi prima di tutto gli alcolici. Infatti l’etanolo può farsi largo attraverso lo strato di muco che riveste la parete dello stomaco, favorendo così il danneggiamento della mucosa gastrica. Per di più in alcuni casi sia vino sia birra sono stati associati all’aumento degli episodi di reflusso.
Potrebbe quindi essere meglio limitarsi a bere acqua e tisane tradizionalmente associate a effetti lenitivi, come quelle a base di camomilla o malva.
Altre bibite di cui può essere utile limitare il consumo sono quelle acide (come il succo di agrumi), le bevande gassate e il caffè. Nella pratica, però, il loro consumo non è sempre associato a un aumento dell’intensità dei sintomi. Al momento, quindi, sembra che la scelta migliore sia valutare il loro effetto caso per caso.
Evitare pasti troppo abbondanti o troppo pesanti, ricchi di grassi e, soprattutto per chi soffre anche di reflusso, di zuccheri semplici è il modo migliore non solo per alleviare, ma anche per prevenire l’acidità di stomaco.
Tenere un diario alimentare in cui annotare i cibi consumati e la comparsa dei bruciori può inoltre aiutare a identificare in modo più specifico gli alimenti che è meglio evitare o consumare in quantità limitate.
Altri accorgimenti nello stile di vita aiutano in particolare a far sì che all’acidità non si associ il reflusso.
Come accennato, è meglio evitare di coricarsi subito dopo un pasto; sono infatti necessarie anche più di 4 ore per uno svuotamento completo dello stomaco dopo l’ingestione di cibi solidi. Per questo la sera sono preferibili pasti leggeri, più facilmente digeribili.
Sarebbe poi bene evitare il forte eccesso di peso, un fattore di rischio associato in particolar modo al reflusso gastroesofageo. Inoltre, è meglio non fumare, in quanto anche il fumo è associato ai sintomi del reflusso.
Infine, è bene ricordare che anche il trattamento con alcuni farmaci può favorire l’acidità di stomaco. In particolare, gli antinfiammatori non steroidei (spesso noti come FANS) possono penetrare nello strato di muco, proprio come l’alcol. Non solo, i FANS bloccano la produzione di sostanze, le prostaglandine, che proteggono la parete dello stomaco riducendo la secrezione di acidi gastrici, aumentando la produzione di muco e la secrezione di bicarbonato e aumentando il flusso di sangue verso la mucosa gastrica. Meglio, quindi, assumerli sempre come suggerito dal foglietto illustrativo: non a digiuno oppure insieme a un protettore gastrico, e per periodi limitati.
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